Le città sono navigabili da ogni persona come un lupo solitario in un bosco semisconosciuto, in cui ci sono solo alcuni amici e dei segnali urbani e sociali da interpretare con la propria sensibilità.
Ogni città o territorio può anche essere percorso in gruppo o come parte di una comunità professionale, comunque alla maniera di un equipaggio di un carrarmato sigillato o quasi, o un sommergibile completamente impermeabile e in assetto di guerra per difendersi e attaccare a suon di idee, soldi, progetti o proprio con obiettivi e esiti distruttivi di fiducia e capitale sociale.
Oppure si può essere individualmente/collettivamente come un autobus privato o del servizio pubblico, che ha i suoi momenti di aperture e chiusure, i suoi percorsi, i suoi autisti (anche un’idea può fare da guida), il suo stile (di lusso, gratis, economico) e le sue possibilità evolutive dovute alle dinamiche al suo interno.
Alcune professioni, alcune comunità professionali o attività personali dovrebbero essere un po’ come un autobus, con le finestre per guardare dentro e fuori, le sue soste, la porta di ingresso, di uscita, con le sue conversazioni, i posti a sedere.
Se alcune comunità professionali non hanno insomma una cultura ricca della condivisione, del dialogo negano un po’ se stesse e la loro ragione sociale, che dovrebbe essere fatta di scambio, confronto, dialettica, libera espressione, piacere,divertimento. cooperazione.
Mi riferisco al mondo dell’università e della ricerca pubblica, al mondo della musica e dell’arte in genere e a quello della politica democratica ma il discorso è estendibile a qualsiasi settore, lavoro, comunità o gruppo, se si vuole. Poi per fortuna ognuno fa quello che vuole, più o meno.
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